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La necropoli.

Scavi Necropoli Cairano
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I primi ritrovamenti archeologici sul territorio di Cairano furono del tutto occasionali e  si ebbero in conseguenza ad alcuni lavori agricoli condotti nella zona; parte del materiale venuto occasionalmente alla luce fu consegnato al Museo Irpino.
Nel 1967 fu invece condotta, da parte della Soprintendenza alle Antichità di Salerno, Avellino e Benevento, la prima campagna di scavo sistematica, sotto la direzione di Gabriella Pescatori Colucci.

Si iniziò l’esplorazione nella contrada Vignale  con la scoperta di una zona di necropoli: in essa si rinvennero 24 corredi tombali che testimoniavano il lungo periodo d’uso, dagli inizi del IX sec. a. C. fino alla prima metà del VI.
Dal 1970 al 1972 e nel 1976, altre campagne di scavo hanno permesso di ampliare le conoscenze del territorio e di chiarire  soprattutto quegli aspetti della vita di Cairano, che si riferiscono al periodo che va dalla metà del VI fino al V sec. a. C..
Nel 1970 si proseguì, in un primo momento, l’indagine in contrada Vignale, nella stessa necropoli individuata dai saggi di scavo della Pescatori Colucci; in seguito furono effettuati i primi saggi di scavo a Nord-ovest della contrada Vignale, sulla collina detta del Calvario. Il luogo fu scelto con l’intento di ritrovare i resti dell’antico abitato: fino a quel momento  nei centri della cultura di Oliveto – Cairano era stato possibile raccogliere dati legati esclusivamente alle necropoli, con la conseguenza che della cultura si aveva un quadro incompleto, all’interno del quale era arduo distinguere gli aspetti immediatamente strutturali della società da quelli condizionati dal rituale e dall’ideologia funeraria.

Sull’altura del calvario invece, le trincee di scavo dimostravano subito la presenza di un nucleo abitato e, accanto ad esso, di una necropoli arcaica, e fu quindi sulla collina che si svolse il lavoro di esplorazione per tutti gli anni successivi.
Lo scavo permise di riportare alla luce 6 corredi tombali e parte del materiale di altri 2 corredi scomposti dai lavori di aratura  e dell’intervento di successive deposizioni.
Si tratta di tombe del tipo a fossa, di forma più o meno rettangolare, strette ed  assai allungate, in cui il cadavere era sempre deposto supino; presentavano tutte una copertura di pietra  e di ciottoli di fiume: una ghiera di pietre e ciottoli talora rivestiva anche le pareti interne della fossa. Le suppellettili del corredo erano generalmente disposte lungo gli arti inferiori e ai piedi dello scheletro.

Interessante è l’ abitato del VI secolo a.C., che risulta costituito da un complesso di strutture in ciottoli sferoidali messi in opera a secco con originariamente sovrapposte pareti alzate in mattoni crudi. Gli edifici definiscono un’area identificata quale luogo di incontro dei ceti dominanti ed a cui è annessa una zona con ambienti adibiti a magazzini, in quanto dotati di grosse giare (pithoi) infisse nel terreno per la conservazione delle derrate. Nel V secolo a. C. il nucleo abitato viene improvvisamente abbandonato ed in un suo settore fra il IV ed il III secolo a.C. viene impiantato un piccolo insediamento lucano. Altre sepolture dell’ età del Ferro provengono dalla località  Cannelicchio, dove ceramiche ed oggetti metallici sono riferibili alla Cultura delle tombe a fossa. In età romana il sito faceva parte del territorio della città di Compsa e reperti del periodo compreso fra I secolo a.C. e VI d.C. sono stati rinvenuti sporadicamente nelle località Ischia della Corte, Rasole, nei pressi della stazione ferroviaria che ora non esiste più e lungo il fondovalle ofantino.
La maggior parte dei reperti ritrovati sono custoditi nel museo di Pontecagnano (Salerno).